Dolore alle mani e ai piedi nella Malattia di Fabry

Il dolore è uno dei primi segni clinici della Malattia di Fabry. Nella maggior parte dei casi, si concentra prevalentemente a livello delle estremità degli arti inferiori e superiori, ossia mani piedi, ma può manifestarsi anche in altre sedi meno comuni. Talvolta, la sua intensità ha un impatto fisico e sociale talmente significativo da incidere sulla qualità di vita del paziente. Fortunatamente, grazie alla terapia enzimatica sostitutiva e ad altri trattamenti mirati, è possibile gestire e controllare il dolore in maniera efficace.

    Il dolore, che nella Malattia di Fabry colpisce il 60-70% degli uomini e il 40-60% delle donne, è un segno precoce del coinvolgimento del sistema nervoso periferico. In particolare, è il dolore alle mani e ai piedi quello più comunemente riferito dai pazienti, spesso già in giovane età. In genere, fa il suo esordio a partire dalla prima-seconda decade di vita, ma può attenuarsi nel tempo.

    Dita, palmi delle mani e piante dei piedi sono le zone colpite da un dolore di intensità variabile, che tende a presentarsi come lancinante o bruciante e a manifestarsi in maniera simmetrica su entrambi gli arti. In alcuni casi può associarsi a disestesie e accompagnarsi a sensazioni come prurito, formicolii e scosse elettriche. 

    Anche se il dolore ai piedi e alle mani resta in assoluto il più diffuso, in alcuni pazienti questo può irradiarsi a braccia gambe o manifestarsi in regioni del corpo meno comuni, come denti, spalle, addome o articolazioni.

    Questo tipo di dolore è definito neuropatico. Le cause sono da ricercarsi nel danneggiamento delle piccole fibre nervose periferiche. Più precisamente, le fibre interessate sono quelle amieliniche (fibre C) e le fibre scarsamente mielinizzate (fibre A-delta), che mediano le sensazioni di caldo, freddo e dolore, oltre a controllare gli organi viscerali e le attività cardio-respiratorie. La compromissione di queste fibre nervose può determinare una particolare sensibilità agli stimoli esterni (iperalgesia) oppure un'alterata percezione sensoriale (allodinia), che nel paziente si traducono in crisi dolorose, anche di una certa entità.

    Tra i fattori scatenanti troviamo l'esercizio fisico, l'esposizione agli sbalzi termici e la febbre, ma il dolore neuropatico può manifestarsi anche in assenza di stimoli particolari. Il decorso dell'episodio doloroso è variabile e, a seconda dei casi, può risolversi in pochi minuti o perdurare per diversi giorni.

    L'inizio tempestivo della terapia enzimatica sostitutiva può fare la differenza. Considerando che i danni alle fibre nervose tendono a manifestarsi precocemente, un intervento altrettanto rapido è una componente chiave nella strategia di riduzione del dolore. Se il medico curante lo riterrà opportuno, potrà inoltre consigliare una terapia integrativa per la gestione del dolore cronico o prescrivere farmaci a rapida azione per affrontare le crisi di dolore acuto.

Con il patrocinio dell'Associazione Italiana Anderson-Fabry Onlus


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